

Un romanzo scritto dal punto di vista di un cane. Se non altro, è un tentativo originale. L’unico altro romanzo che io abbia letto, e del quale abbia ricordo, con questa particolarità è Cujo, il San Bernardo assassino di Stephen King.
Timbuktu non è di certo l’opera migliore di Auster, tuttavia la sua prosa si legge sempre che è un piacere. Ci troviamo di fronte a un romanzo breve che si legge in batter d’occhio. L’idea del vagabondo a spasso per il mondo con il suo fidato amico a quattro zampe è un cliché già visto in altre situazioni, ma, come già detto, leggere i pensieri e le riflessioni di un cane, quindi vivere questa sorta di viaggio da una soggettiva così originale, garantisce alla storia un non so che di magico. Devo dire che mi è piaciuto, anche se, probabilmente, non me lo porterei appresso, insieme ai famosi 10 libri da avere con sé su di un isola deserta. La storia è semplice, e l’alternarsi della componente malinconica (il padrone di Mr. Bones – il cane – è in fin di vita, cosa che Auster mette subito in chiaro fin dall’inizio :”Mr Bones sapeva che Willy non sarebbe rimasto a lungo in questo mondo”) con quella ironica e scanzonata dell’hippie giramondo, fornisce al romanzo un ritmo fatto di alti e bassi in grado di mantenere la trama su di un buon ritmo.
Lo consiglio agli amanti di questo autore, così come a tutti quelli a cui potrebbe interessare una storia narrata da un punto di vista originale. Quella di un cane dotato di un’intelligenza sopraffina.
6.5/10
Quarta di Copertina: