Lo giudico un po’ insipido. Partendo dal fatto che di fronte a un libro di Murakami ho aspettative sempre molto alte, devo dire che questo “La Ragazza dello Sputink” non mi ha fatto impazzire. E’ indubbiamente un romanzo che va letto al di là di ciò che vi si trova scritto. Ci sono storie nascoste tra queste pagine, ma che non è facile identificarle. Di per sé la storia non è nulla di particolare. Fino a pagina 80 (che rappresenta il 40% dell’intero romanzo) Murakami ci introduce i personaggi: l’io narrante senza nome, Sumire e Myu, senza però farli interagire tra loro se non i rarissimi casi. Poi, improvvisamente, le loro vite si intrecciano grazie a un evento tragico: la scomparsa di Sumire in un piccola isola greca dove, insieme a Myu, si è recata per lavoro, dopo che la donna della quale è innamorata, l’ha assunta nella sua azienda. Il narratore senza nome è innamorato di Sumire, la quale è innamorata di Myu, una donna sui quaranta che, a seguito di un fatto tragico avvenuto nel suo passato e del quale Murakami non svela nulla se non nelle ultime pagine, non è più in grado né di amare, né tantomeno di provare attrazione fisica per qualcuno. Un triangolo di insoddisfazione dal quale sarà difficile uscire. Se non fosse che la scomparsa di Sumire, porta il nostro narratore in quella piccola isola greca insiema a Myu, e una volta giunto, in realtà, non accade nulla di quello che ci si potrebbe attendere. In tipico stile Muarakami, a un certo punto, si sconfina nel surreale ma, a mio avviso, è troppo tardi. Non accade un granché. E il romanzo finisce un maniera un po’ piatta. Insomma, c’è Murakami, ma non quel Murakami capace di creare mondi affascinanti come quelli di 1Q84, Dance Dance Dance, Nel Segno della Pecora, ecc …
6.5/10
Quarta di Copertina: