Alessandro Casalini - Benvenuti

Scrittura - Lettura

By Alessandro / Leggo, pillole-leggo

2018

Maggio

22

Haruki Murakami – A Sud del Confine, A Ovest del Sole

Haruki Murakami – A Sud del Confine, A Ovest del Sole

Uno di quei romanzi di Murakami del quale ho sempre rimandato la lettura. Non so perchè, ma leggendo la quarta di copertina, mi sembrava che la storia fosse un riesumare le atmosfere di “Norwegian Wood”. E quando uno scrittore va a riesumare ambientazioni legate al suo romanzo più famoso, di solito ci scappa la brutta copia, appunto, della sua opera considerata migliore (anche se per me, di fatto, non lo è).

Ma torniamo a questo “A Sud del Confine, A Ovest del Sole”.

L’ho trovato noioso e privo di magia. Quel tocco di magia che Murakami sa dare ai propri romanzi e che porta il lettore ad esplorare una terra di confine tra realtà e fantastico che, a mio avviso, rappresenta il vero punto di forza dello scrittore giapponese. La verità è che questa storia stenta a decollare. Tutto sembra piuttosto scontato, nonostante si prosegua con la lettura nella speranza di un qualche colpo di scena. Questa volta no. Questa volta non c’è nessun mondo parallelo, nessuna creatura ambigua, nessuna porta lungo un corridoio buio, capace di svelare una realtà a un passo dalla finzione.

Questa storia racconta la vita di Hajime, un ragazzo come tanti circondato dalla solitudine. Una solitudine che però viene spazzata via dall’incontro con Shimamoto, una ragazza sola almeno quanto lui. I personaggi diventano adulti e si perdono. Ognuno di loro porta avanti le proprie vite fino all’inevitabile momento nel quale si incontrano di nuovo. Un incontro che destabilizza ogni cosa.

Insomma, detta così sembra la classica storia d’amore mancata che, giunti ad un certo punto della vita, trova il modo di consumarsi anche se al momento meno opportuno. In realtà non è proprio così, ma ci si avvicina molto. Peccato che questa manovra di avvicinamento avvenga con piccoli spostamenti a volte impercettibili che guidano il lettore fino al finale.

Se leggete le recensioni sui vari shop online vedrete che la maggior parte dei lettori sono stati entusiasti di questo romanzo. Non so, a me non è arrivato.

Lascio a voi la palla ora.

5/10

 

Quarta di copertina:

Fino ad allora Hajime aveva vissuto in un universo abitato solo da lui: figlio unico quando, nel Giappone degli anni Cinquanta, era rarissimo non avere fratelli o sorelle, aveva fatto della propria eccezionalità una fortezza in cui nascondersi, un modo per zittire quella sensazione costante di non essere mai li dove si vorrebbe veramente. Invece un giorno scopre che la solitudine è solo un’abitudine, non un destino: lo capisce quando, a dodici anni, stringe la mano di Shimamoto, una compagna di classe sola quanto lui, forse di più: a distinguerla non c’è solo la condizione di figlia unica, ma anche il suo incedere zoppicante, come se in quel passo faticoso e incerto ci fosse tutta la sua difficoltà a essere una creatura di questo mondo. Quando capisci che non sei destinato alla solitudine, che il tuo posto nel mondo è solo là dove è lei, capisci anche un’altra cosa: che sei innamorato. Ma Hajime se ne rende conto troppo tardi – è uno di quegli insegnamenti che si imparano solo con l’esperienza – quando ormai la vita l’ha separato da lei. Come il dolore di un arto fantasma, come una leggera zoppia esistenziale, Hajime diventerà uomo e accumulerà amori, esperienze, dolori, errori, ma sempre con la consapevolezza che la vita, la vita vera, non è quella che sta dissipando, ma quell’altra, quella che sarebbe potuta essere con Shimamoto, quella in un altrove indefinito, a sud del confine, a ovest del sole. Una vita che forse, venticinque anni dopo, quando lei riappare dal nulla, diventerà realtà.

 


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