Avventurarsi tra le strette maglie del Giallo è spesso una scommessa anche per autori cosiddetti “professionisti”. Un buon Giallo, a mio modo di vedere, quando riesce davvero, deve lasciarti il dubbio anche dopo aver letto l’ultima pagina; anche dopo che l’autore ha svelato chi è l’assassino. Insomma, deve calare una sorta di cortina di nebbia, anche dopo che il sole ha riportato il lettore verso territori più ospitali.
Francesco Sala l’ho conosciuto lo scorso luglio, durante il Festival dello Scrittore: manifestazione che si è tenuta per la prima volta a Tolé nei pressi di Bologna. Con il dottor Sala, medico di base che esercita la professione a Modena, con il vizio della scrittura (questo Fili di Fumo è la sua quinta fatica letteraria) siamo subito entrati in sintonia. Primo perché dividevamo lo stesso “banchetto” espositivo, secondo perché è davvero una persona squisita con la quale si può parlare un po’ di tutto: libri, storie di vita Emiliano Romagnole e calcio. Sì, perché Francesco (mi permetto di dargli del tu!) è stato per tanti anni medico del Modena Calcio.
Come dicevo all’inizio, scrivere un Giallo è cosa ostica, ma, Francesco ci riesce. La prosa è estremamente scorrevole tanto che ho letto il romanzo in un paio di giorni. La storia, come tutti i libri di questo autore, è ambientata a Modena che viene descritta in maniera molto capillare e precisa. Una Modena targata 1936, e fascista fino al midollo. Quello che mi ha davvero più incuriosito di questo romanzo è l’originalità dei nomi dei vari personaggi. Vi faccio un esempio: il protagonista principale, il commissario, Dallari, si chiama Eleuterio, il medico Agenore, l’avvocato che comincerà a starvi antipatico fin da subito, Emerenziano, e così potrei continuare all’infinito. Ma dove lì trovi dei nome del genere, caro il mio dottor Sala?!
Scherzi a parte, il romanzo è davvero valido. La “componente calcistica” è presente e fa da background a tutta la storia con il calciatore detto Cartavelina che si trova invischiato nelle torbide vicende descritte nel romanzo. Il personaggio meglio riuscito, secondo me, è l’appuntato Clemente Poggioli (quello con il nome più normale!) che impersona la semplicità e, allo stesso tempo, la caparbietà, nonché l’acume alla Sherlock Holmes che, in certi frangenti, adombra quello dello stesso commissario Dallari.
Gli ingredienti del genere ci sono tutti. Un cadavere decapitato ritrovato nel laghetto dei giardini comunali, due donne scomparse, il commissario e il suo fido scudiero e poi, tutta una serie di personaggi che rendono la storia davvero interessante con un finale sempre in bilico.
La difficoltà di questo genere, sta, a mio giudizio, nel riuscire a svelare le carte un poco per volta senza bruciarsi il finale e, con questo Fili di Fumo, Sala ci riesce alla grande, inoltre, una volta terminata la lettura, ho avuto quella strana sensazione che ci fosse ancora qualcosa di non detto, quel pizzico di nebbia non ancora diradata della quale parlavo in apertura di questa recensione. Quindi, per quel che può valere il mio giudizio, lo ritengo un Giallo ben riuscito!
8/10
Quarta di Copertina:
La bellezza femminile ha molte forme e declinazioni, ma una cosa accomuna tutte le belle donne: non si dimenticano facilmente. Quando Azzurra entra nel piccolo commissariato di Santa Caterina, seguita solo da una scia impalpabile di profumo, il brigadiere Clemente Poggioli si accorge immediatamente di assistere a un’apparizione del tutto eccezionale, e lo strano comportamento del commissario Dallari non fa che confermargli questo sospetto. Ma poi l’incalzare delle quotidiane incombenze, non ultimo il ritrovamento di un corpo senza testa, sembrano relegare sullo sfondo la misteriosa figura femminile, svanita nel nulla insieme all’aroma del suo prezioso tabacco egiziano.
A meno che…
Una Modena fascistissima, impegnata nei preparativi per l’inaugurazione del nuovo stadio cittadino, fa da sfondo a questa vicenda in cui si intrecciano i destini di un’umanità varia e imprevedibile: calciatori, donne fatali, sigaraie, pittori, giardinieri, medici e funzionari di partito, tante storie che paiono ostinarsi a confluire in quell’unica stanza, l’ufficio del commissario Eleuterio Dallari. Storie lontane, eppure legate da un’unica traccia, esile come un filo di fumo.