Alessandro Marchi l’ho conosciuto, o meglio, eravamo contemporaneamente nello stesso luogo, ma non ci siamo parlati. Era l’11 maggio e mi trovavo a Torino per la premiazione del concorso “Fai viaggiare la tua storia” (concorso indetto da Libro/Mania – Newton Compton – DeA Planeta Libri) dove il mio romanzo “Vinile 33” era stato selezionato per la pubblicazione insieme ad altri 10 vincitori. Un romanzo che vedrà la luce tra qualche mese. In quell’occasione, Alessandro Marchi, è stato proclamato il vincitore assoluto del torneo con il suo “Tu non ci credere mai” la storia vera di suo nonno Aldo che, arruolato nell’esercito italiano per la campagna d’Africa, si ritrova, dopo pochi mesi di servizio, congedato a causa dell’epilessia. Da quel momento in poi, inizia la sua triste storia legata in maniera indissolubile a quella subdola patologia.
Ero curioso. Mi spiego: continuavo a chiedermi, “Quanto deve essere (più) bravo questo Marchi per essere risultato il Vincitore con la V maiuscola?” Lo so, sono domande da bambino “sciocco”, tuttavia, non appena il romanzo è uscito, l’ho acquistato per sedare la mia curiosità.
La storia, per quanto tragica, è davvero bella. La scrittura è scorrevole e permette al lettore di immedesimarsi completamente nel povero Aldo che, a quei tempi (gli anni ’30), è costretto a subire l’umiliazione dell’essere considerato pazzo a fronte di una patologia che con la pazzia non c’entra nulla. Aldo che perde tutto quello che ha: gli affetti, la casa, e perfino quel poco di dignità che una persona semplice come lui, ha faticato tutta una vita a costruirsi a suon di piccole conquiste personali.
Singolare è l’utilizzo del doppio IO narrante in prima persona. L’io di Aldo, il protagonista della storia, e l’io di Martino il figlio più piccolo di Aldo. Domanda x Alessandro: Martino è tuo padre? E’ per questo che lo hai scelto come co-narratore di questa storia? Spero mi risponderai…
Dunque bravo Alessandro, il primo premio direi che te lo sei meritato di sicuro!
A ogni modo, consiglio vivamente a tutti di leggere questo libro. In prima battuta, perché non bisogna mai dimenticare cosa voglia dire trovarsi a vivere in tempo di guerra. Leggendo le parti relative alle stragi di Marzabotto non ho potuto fare a meno di rabbrividire (leggendo mi è tornato alla mentre, tra l’altro, un bellissimo film intitolato “L’uomo che verrà” del 2009 diretto da Giorgio Diritti, che consiglio a tutti di vedere e… rabbrividire). In seconda battuta, per riflettere sulla malattia e di come, proprio certe patologie, anni fa, fossero considerate sintomo di pazzia (si rifletta sul fatto che fino a non troppo tempo addietro, anche l’omosessualità era considerata tale…continuo a rabbrividire!).
Ad Aldo marchi è stata sottratta la vita per mancanza di buonsenso. Un uomo malato di epilessia non è un pazzo. E’ un malato di epilessia, punto e basta, e va curato tenendo bene a mente la natura del suo problema. Lo so, erano altri tempi, ma questo etichettare come PAZZO, MOSTRO, EMARGINATO, ciò che non si comprende a pieno, credo, purtroppo, sia ancora molto in voga anche ai giorni nostri!
Bene, concludo con un grazie ad Alessandro per la bella esperienza di vita – oltre che di lettura – che il tuo libro ha saputo regalarmi. In bocca al lupo!
ps. Sono spesso a Bologna per lavoro, magari una volta ci si beve una birra insieme e si fa due chiacchiere sulla scrittura.
8.5/10
Quarta di Copertina:
Anni Trenta. I cicli della terra segnano il tempo al Querceto: poche case sparse, piccoli fazzoletti di terra buona ma dura da coltivare sulle pendici di Monte Sole. Aldo Marchi cresce in quel piccolo mondo tra fatiche nei campi, feste e riti contadini, ma a renderlo felice sono le passeggiate solitarie e senza meta nei boschi che ricoprono quel tratto di Appennino tosco-emiliano. Aldo è taciturno come il padre, ha uno spirito libero che lo rende diverso dai fratelli e fa storcere il naso persino a sua madre. Giovane contadino, vive anni drammatici della storia del Novecento: è soldato nell’esercito italiano in Africa, lotta per la sopravvivenza tra bombardamenti e stragi lungo la linea Gotica durante la Seconda guerra mondiale, nel dopoguerra trova un nemico ancora più grande nei medici che trattano come malattia mentale la sua epilessia. In mezzo alle avversità, brilla sempre la luce dell’amore per Carolina e per i loro figli. Un amore incontaminato che, pur tra sofferenze e delusioni, nutre le sue speranze per il futuro e la sua capacità di resistere all’ignoranza e ai pregiudizi che lo circondano.
Tu non ci credere mai è un inno alla libertà e alla resilienza dell’animo umano: un intenso romanzo familiare che restituisce voce e dignità a chi ne era stato ingiustamente privato.