Ammesso e non concesso che io possa dare del “così così” al buon DON, premetto di aver letto tutto di questo autore che viene considerato uno dei più grandi del suo tempo. Inutile girarci attorno, i romanzi di DeLillo sono sempre difficili. Spesso arrivi in fondo e se non ti sforzi di leggere tra le righe rimani deluso. Del tipo: Ma che diavolo ha voluto dire l’autore ? E la trama ?
Proprio così, Delillo è un po’ ostico, non indicate per chi ritiene che la lettura debba essere un semplice momento di relax o un crescendo di emozioni e coinvolgimento.
Delillo, Foster Wallace, Pynchon sono così: dei mastri della narrativa postmoderna che, per l’appunto porta nella definizione del genere, il fatto che non vivrai la suspence alla Dan Brown, o la magia di Murakami. Postmodernismo significa … boh … e chi lo sa!
Zero K mi è piaciuto a metà. Prima parte intensa, seconda parte (quasi) inutile.
Dopo le premesse della prima parte mi aspettavo di più. Il ritorno alla vita del protagonista e di suo padre dopo l’esperienza del viaggio, doveva a mio avviso essere molto più intensa e dinamica. Di fatto da metà libro in poi il romanzo macina pagine su pagine senza dire nulla, per poi portarci ad un finale che come spesso accade con Delillo, lascia, così, così.
Attendiamo il prossimo se mai ci sarà. Per chi volesse avvicinarsi a Delillo, consiglio Rumore Bianco, Libra, I Nomi, per poi, una volta più consapevoli, intraprendere il viaggio di Underworld.